La baraonda cronologica che sta attorniando la vicenda di Wikileaks e del suo fondatore ci mette di fronte ad un evento storico. L’immenso castello di carte del potere fatto tremare da un unico gruppo di attivisti. Non sono occorsi esplosivi o maschere da Guy Fawkes; per farlo sono bastati soltanto una connessione internet ed un numero di utenti sempre maggiore, sparsi in tutto il mondo.
Piccolo riassunto delle puntate precedenti: i cyber-teppisti - pubblicando ciò che i quotidiani non pubblicano, dai segreti di Guantanamo fino ai crimini di guerra in Iraq - mostrano ogni giorno l'ipocrisia dei vari governi servendosi di un mezzo a loro sconosciuto: il web. Il popolare sito d’informazione ricava l'ultimo scoop da un rapporto riservato degli Stati Uniti d’America, madre di tutte le vacche grasse, il quale scatena l’ira e l’imbarazzo di molti diplomatici, europei e non. Ovviamente la reazione non tarda ad arrivare e Julian Assange (noto pirata informatico e stupratore australiano) viene arrestato, salvo poi essere rilasciato su cauzione.
Questa però non è stata che la punta dell’iceberg.
Infatti saranno già pronti accessi a internet limitati, ricalcati sul modello cinese. O magari divieti espliciti a connettersi da luoghi pubblici. O ancora peggio, gruppi di squadristi pronti a massacrare chiunque venga trovato in possesso di un personal computer, chi lo sa.
In ogni caso da noi non si corre alcun pericolo.
Grazie a dio, la libera connessione wireless non è mai arrivata.