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sabato 22 ottobre 2011

what is violence


Il pomeriggio del 15 ottobre l’aria era elettrica. La tensione circostante era palpabile negli occhi dei partecipanti al corteo. Praticamente da subito ci avevano avvertito che l’atmosfera non sarebbe stata delle più tranquille, distribuendo sull'autobus numeri di uffici legali che si erano messi a disposizione per l’occasione e una dose di maalox a testa in caso di scontri con la polizia.

Sarebbe troppo facile e riduttivo, nel generico tentativo di voler apparire corretti e non-violenti, estraniarsi completamente da quanto è successo, magari dicendo “noi facevamo parte del corteo normale, non centravamo niente” e cestinando la giornata di sabato come un pugno di atti vandalici che hanno vanificato il senso più profondo della manifestazione.

Schierarsi da una parte, soprattutto quella che va per la maggiore è, certamente, una prospettiva allettante, che aiuterebbe i più a sentirsi con la coscienza a posto. Il fatto, però, che certi fenomeni si verifichino con una tale intensità, obbliga ad una dovuta riflessione prima di poter esprimere un qualsiasi giudizio. Motivo per cui solo adesso sto trovando la lucidità per scrivere queste righe.

Penso che la giornata del 15 sia stata tutt'altro che inutile o priva di significato: prima di tutto perché è riuscita ad unire così tante realtà del mondo precario e studentesco, che erano lì per manifestare, pacificamente, il loro dissenso; in secondo luogo, perché mi ha aperto ancora di più gli occhi su molti aspetti (e certamente non sono il solo) che finora mi avevano lasciato perplesso. Sono stato costretto a togliermi letteralmente di dosso, quasi come fosse un cambio di pelle, la retorica idea secondo la quale gli italiani non si incazzano o non avvertono l’urgenza di un pericolo imminente, quello del crollo politico e finanziario, dal quale il nostro Paese, insieme a tutto l’Occidente, potrebbe uscire distrutto.

Nessuno può dire che la violenza dello scorso sabato fosse inaspettata. Quello che si è verificato era a dir poco prevedibile e probabilmente si è trattato di qualcosa di grandemente inferiore rispetto a ciò che sarebbe potuto accadere, data l’estrema gravità della situazione in cui ci troviamo. Per non parlare delle forze dell’ordine, che questa volta si sono limitate  in parte per ordini ricevuti, in parte perché bloccate dalla resistenza in Piazza San Giovanni  – ad un’opera di “contenimento”.

I contrasti, però, non sono stati solamente tra "facinorosi" e polizia; più accreditato è stato lo scontro tra due modi completamente opposti di intendere la piazza e la manifestazione tutta: uno pacifico e festoso, l'altro violento e sovversivo. Non uno giusto e l'altro sbagliato, semplicemente diversi, punto.

Non credo agli illustri assenti, come sempre in cerca di buonismi e capri espiatori, che dall'alto delle loro posizioni si professano totalmente contrari ad ogni tipo di violenza. È stato legittimo, semmai, che una parte dei manifestanti pacifici inneggiasse all'esclusione del “blocco nero” dal corteo (anche se non ne comprendo a pieno le ragioni).


D'altro canto, perché sarebbe dovuta andare diversamente?

Non fraintendetemi, non sto cercando di giustificare alcunché: anch'io non condivido il danneggiamento e la distruzione come metodi per far valere i propri diritti, infatti non ero tra quelli. Ma non si può nemmeno pensare che una manifestazione possa consistere in una sfilata allegorica piena di colori e sorrisi, non nel periodo che stiamo vivendo.

Quei manifestanti che continuavano a ballare in costume, tra le esplosioni i lacrimogeni, mi davano tanto l’impressione di chi non volesse rendersi conto di quanto stesse accadendo.

Una manifestazione non è una sfilata e l’Italia non è la Spagna: qui abbiamo altri problemi, oltre all'onnipresente debito pubblico, di natura politica e sociale, che ci annoverano tra i prossimi a fallire, nella lista europea.

Si capisce quindi perché la piazza del 15 ottobre abbia fallito: se si tenta di mettere un tappo ai rancori covati da collettivi e movimenti  slegati, se non contrapposti, alla pur cospicua partecipazione dei cittadini  organizzando un corteo "alla indignados", che sfilerà per le vie secondarie della capitale e che si concluderà con un'assemblea preparata a priori, in cui tutti già sanno cosa si scriverà e chi parlerà, il tappo salta.

Vorrei quindi, per una volta, che si riflettesse sull'esasperazione dilagante e su come essa si manifesta (anche se in forma così sbagliata), invece che fare l'ennesima divisione sterile tra buoni e cattivi. D'altronde certi sentimenti di forte rabbia e risentimento sono come un fiume carsico, un disagio sotterraneo che, quando la situazione diventa insostenibile, riemerge improvvisamente, soffocando tutto il resto.

Si tratta di un qualcosa, però, che accomuna tutti, nessuno escluso, soprattutto quanti non erano presenti alla manifestazione.

Io, come tutti, in un futuro non lontano, auspico per una manifestazione partecipata come quella del 15, ma che sia davvero priva di rivendicazioni partitiche e svolta in maniera totalmente non-violenta. Significherà che le cose stanno cambiando.

La non-violenza è la strada che dobbiamo imparare a percorrere, scrive Hessel nel suo Indignez-vous!.

Già. Sarebbe bello.

Nel frattempo, però, non so se professarmi “contro” o “a favore” della violenza. Suona stupido.

Come si fa ad essere per la violenza? Certamente non è uno stile di vita. Semmai si tratta di una conseguenza a qualcos'altro. È la violenza che genera se stessa. 

Ma quante forme di violenza esistono? Ce n’è una che può essere considerata minore di altre o meglio necessaria?


La cosa più pericolosa da fare è rimanere immobili.

mercoledì 9 febbraio 2011

sapete che vi dico?


Continuate pure così.

A fare le cose che fate di solito. A bere vino sventato, a calcolare le probabilità, ad aspettare.
Oppure a scrivere di bei colori e del cambio di stagione.
Continuate a stare sui libri, a lavorare, a non preoccuparvi.

Io passo.

Quelli come me sono stati abortiti dalla politica, ogni qualvolta la sopravvivenza dei suoi fautori è stata messa al primo posto a scapito dei cittadini.

...

Provate per una volta a soffermarvi in quello spazio interposto tra casa vostra e il bar dove vi recate di solito. Avete presente?

La strada.

Guardate negli occhi il primo cane che incrociate: non vi troverete un briciolo di cattiveria, nemmeno a cercarla.

Adesso voltatevi.

Guardate gli occhi di un uomo.


giovedì 23 dicembre 2010

i panni sporchi vanno lavati in pubblico


Un tempo, nell’entroterra del Sud Italia, vigeva un’antica usanza secondo la quale, dopo la prima notte di nozze, le lenzuola andassero esposte in bella vista fuori dalla finestra della camera da letto, dimostrando così a tutti i passanti che la propria donna era arrivata al matrimonio pura e casta. Se la tradizione non fosse stata rispettata, lo sdegno della popolazione si sarebbe gettato sulla coppia screditandone la reputazione, perché nascondere le lenzuola era considerato sintomo di malaffare.

...

Allora oggi, in quest’Italia baldracca in cui il malaffare ha raggiunto tutti i livelli, assopita com’è dal moderatismo ed assuefatta alla prepotenza, dovremmo prendere tutti spunto dai disordini del 14 dicembre per risvegliarla, farla riemergere da questo squallore. Bisognerebbe gridare forte, sì, ma non solo i ragazzi dei centri sociali, bensì un grande coro unisono, la voce di una generazione, in modo che tutti debbano rendersi conto di quale sporca cerchia di massoni corrotti collusi e mafiosi sia la nostra classe politica.


Anche se poi, si sa, arrivano le feste e la recita può riprendere il suo corso.
Fino al prossimo intervallo.

martedì 11 maggio 2010

lunga è la notte e senza tempo

Non è vero, come recita uno degli slogan più in voga nelle manifestazioni, che "Peppino è vivo e lotta insieme a noi". Peppino Impastato è stato ucciso dalla mafia la notte del 9 maggio di 32 anni fa. In questo modo il suo paese, ma non solo, è stato privato di un attivismo politico e di uno spirito d'innovazione per quel tempo rivoluzionari. Purtroppo di persone come lui, con le palle, l'intelligenza e l'integrità morale di cambiare veramente rotta, ne nascono poche. Peppino Impastato non usava vecchi discorsi di partito per comunicare, conosceva l'arte dello sfottò e della satira e le impiegava per mettere in ridicolo il boss al quale la sua famiglia doveva tutto. Questa irriverenza faceva paura a molti. Le autorità cercarono addirittura di far passare l'attentato per un suicidio, tanto era il timore che potesse diventare un simbolo. Il suo sacrificio però ha dato un insegnamento importante ad altri, meno riflessivi e più prudenti di lui.
Quella di insabbiare ogni cosa è una propensione che nel nostro Paese, oggi come allora, continua a verificarsi. Non si può guardare a determinate situazioni come semplici avvenimenti passati; quante persone comuni continuano ad aderire al sistema mafioso, con il loro silenzio e la loro indifferenza? Quanti di quelli che si ribellano ricevono un sostegno reale? E quanto c'è stato, negli ultimi dieci anni di lotta Antimafia, di veramente rivoluzionario? Sono interrogativi che probabilmente tutti dovrebbero porsi.
Specialmente in questi anni di connivenza tra mafia e Stato, urge il bisogno di andare avanti con tutti i mezzi a nostra disposizione, per onorare la memoria di Peppino e di altri coraggiosi, geniali e pazzi com'era lui.


°Nella foto, 9 maggio a Cinisi by me

giovedì 8 ottobre 2009

Bocciato!

Stavolta ti hanno beccato, mascherina... Il tuo naso ti ha tradito!



°Nella foto, una bellissima cartolina
da Amsterdam

martedì 15 settembre 2009

La voce del padrone

Ore 21:10. Parte la musica di Steiner e via, la prosopopea propapandistica alla quale i telespettatori di Porta a Porta sono ormai abituati ha inizio. Questa settimana però c'è qualcosa di raro... Pare che, a causa di questa puntata speciale, Ballarò sia stato completamente rimandato, "per dare" dicono "il massimo spazio possibile all'evento su Raiuno".
Il tema della serata è infatti "L'aquila e il resto", ospite d'onore, inutile dirlo, il Presidente del Consiglio. Presto verranno consegnate in collegamento le nuove c.a.s.e. ai terremotati. Su nessun altro canale si parla della stessa cosa. L'unica opinione possibile di questa serata è una e sola: quella di Vespa, quindi del Governo.

Vespa, (quell' unto essere schifoso che ha ancora il coraggio di farsi chiamare giornalista) attorniato dalla squadra di soccorso della città abruzzese, la butta subito sul pathos, toccando il lato emotivo dei suoi ascoltatori attraverso alcune interviste alle vittime del disastro. Roba che si vede spesso, nelle tecniche di regime. Ecco che la parola viene data al Cavaliere, ma non riesco ad avere la forza di continuare a guardare.


Cambio canale.


Di certo non sarà un caso se su Raitre, al posto di Ballarò, stiano mandando il film sugli ultimi giorni di Adolf Hitler... La sottile ironia è apprezzabile, ma non era esattamente questa la cosa che mi sarei aspettato. Da una parte abbiamo un Governo che, comunque, fa quello che vuole; dall'altra un'opposizione inesistente, che si limita solo a far battutine. Diciamo che, in vista della manifestazione a Roma per la libertà di stampa, il clima non è proprio dei migliori.


°
Nel disegno, Vespa by me

martedì 1 settembre 2009

Della 'normalizzazione'


Certo avranno pensato che, essendo la Rai già lottizzata, non ci sarebbe stato niente di male a ridimensionare l'unica rete rimasta a fare un po' di solletico (nemmeno fastidio), aggiungendo un bel monito di inizio stagione anche a Santoro ed impedendo a Travaglio di tornare ad Annozero... E già che c'erano, perchè no, di fare una bella causa per 1 milione di euro ad un ben noto giornale per le ultime '10 domande' rivolte al Presidente del Consiglio, che tanto scomodavano la sua vita privata .

Solo che questa volta hanno giocato male le loro carte, dandosi la zappa sui piedi: l'azione legale contro Repubblica infatti non ha fatto altro che scatenare l'indignazione e la protesta di tantissima gente (centomila firme raccolte al terzo giorno) e l'ennesimo scandalo mediatico a livello internazionale. L'indice di gradimento del Premier quindi, a differenza di quello che vorrebbe farci credere, scende.

Però non c'è che dire, certa gente sa trovare i nomi perfetti per tutte le situazioni... Non dicono di voler censurare, ma di normalizzare.

Il processo di normalizzazione che il Pdl intende applicare a Raitre, sostituendo l'attuale direttore Ruffini con Minoli di Rai educational, per 'ammorbidire' il tiro dei programmi di Fazio, Dandini e Gabanelli, è un'assoluta porcata che darà un esito identico a quello del 2001, se non addirittura peggiore. Creare cioè uno standard, non solo politico, ma soprattutto culturale, a tutte le reti.


Umberto Eco ha detto che "nelle democrazie 'robuste' non c'è bisogno di difendere la libertà di stampa, perchè a nessuno viene in mente di limitarla"; nel nostro Paese invece questa necessità si avverte eccome.

-Grazie d'aver letto questo post!




°Nel disegno, Il porco by me

giovedì 13 agosto 2009

L'ora di religione

Ecco che ci risiamo, con tutte le menate moralistiche e le stronzate di partito, il Pdl che grida 'vergogna' e la Gelmini, brava soltanto a farsi fotografare in costume sulla costa smeralda, che ricorre al Consiglio di Stato.
Adesso, per una volta, cerchiamo di parlarci chiaro: la religione cattolica a scuola non serve ad un'emerita sega, la sola cosa che ricordo della prof di religione che avevo in primo superiore è che volevo scoparmela (pensiero stimolante certo, ma non esattamente utile all'apprendimento)...
Gli studenti romani che si son dati da fare per questo motivo hanno ragione; non è giusto che chi non sia credente o predichi altre religioni venga penalizzato con un punto in meno nella cazzo di media, non è giusto che a coloro che la richiedono non venga data una qualche attività alternativa, non è giusto che una materia non contemplata alla maturità venga ammessa a pieno titolo nello scrutinio finale. Però ragazzi, che volete farci, siamo in Italia. In qualsiasi altro paese discuterebbero il caso con intelligenza, ma qui no: ne fanno una questione di principio, mica capiscono che a scuola andrebbe insegnata semmai la storia delle religioni (con docenti appropriati anche), c'è la Chiesa di mezzo, essa non rinuncerà mai al suo piccolo dominio sulle giovani menti...

Ogni resistenza è inutile!











°Nella foto, un frame de
L'ora di religione
di
Marco Bellocchio

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