giovedì 8 dicembre 2011

eroe proletario



Da quando sei nato ti fanno sentire piccolo
Togliendoti il tempo, invece che lasciartelo
Finché il peso è così grande
Che non senti più niente


Ti feriscono in casa e ti picchiano a scuola
Ti odiano se sei sveglio e disprezzi un idiota
Finché sei talmente pazzo
Da non poter seguire le loro regole


Ti hanno torturato e spaventato per vent'anni assurdi
E si aspettano che dopo tu intraprenda una carriera
Quando proprio non funzioni sei così pieno di paura

Ti tengono buono con la tv, il sesso e la religione
E tu pensi di essere così intelligente, libero e indipendente
Ma rimani un cazzo di primitivo, per quanto ne so

Ti sto dicendo che c’è una stanza, là in cima
Ma devi prima imparare ad uccidere sorridendo
Se vuoi essere come la gente sulla collina

Devi essere un eroe proletario
Un eroe proletario, sì, devi esserlo
Se vuoi essere un eroe, beh, allora seguimi


venerdì 2 dicembre 2011

mai un passo

Questa mattina. Ho tante cose da fare. Mi metto a studiare. Preparo il caffè. Poi leggo il giornale. Questa mattina. Forse vado a lezione. Così incontro la gente. Che non dice mai niente. In compenso però. Fa freddo sempre. Sempre freddo giù in strada. Sembra già capodanno. Con le luci dei bar. La fermata del tram. Quasi sempre deserta. Come il cuore, del resto. Ma se almeno una volta. Potessi guardare. Se almeno stavolta. Fossi capace. Di estrapolare. Di vedere tutto [come uno zoom-out sulle mappe di google]. Allora sì. Allora sì che magari [dico magari]. Potrei accorgermi. Della vita di merda. In cui son immerso. In cui tutti fingiamo. Di fare qualcosa. Sbrigare un dovere. Dovere arrivare. E la gente. Ah!, la gente. Non si sopporta. Chiude in faccia la porta. Non ti lascia passare. Ti risponde anche male [se domandi qualcosa]. Brutta vecchia merdosa! Giovanotto coglione! Guardi se non la smette... Riferisco a sua madre. Ma tua madre è depressa. E non puoi farci niente. Molto probabilmente. Piangerebbe soltanto. Nemmeno poi tanto. Ma si sta così stretti. Ché ognuno ormai spera. Che l’altro si estingua. Lentamente soccomba. Ma si sa che alla fine. Alla fine un po’ tutti. Vorremmo essere meno. Avere l’esclusiva. Trattamenti speciali. L'occhio di riguardo. Dal macellaio. Allo stadio. Al supermercato. E lei? Un etto di prosciutto. Senza grasso. Sa mio marito. Ha il diabete. Pover'uomo. Ah non l’avete? Strano. Eppure avevo chiesto. Avevo parlato. Al suo collega. E lui [sì lui]. Mi aveva assicurato. Certamente. Garantito. Glielo metto da parte [glielo metto in disparte]. Scusi ho solo questi. Mi lascia passare? Guardi: vado proprio di fretta. E ci mette due ore. A quest'ora. Sarei già potuto essere a casa. Al sicuro. A sentir le notizie. Dal telegiornale. Ché poi l’informazione. Anche quella non scherza. Tutti chiusi di mente. Credono di sapere. Curvi sulle loro sedie. Ciechi, dentro una stanza. Frustrati. Scaricatori d'odio. Quantomeno una volta. Una volta sapevi. Chi erano. Con chi prendertela. Ora invece. Ora invece son tutti. Un’intera mandria. Di gran teste di cazzo. Dell’ultim’ora. Certo. Certo, hai ragione. Non c’è niente da aggiungere. Non sono più questi. Discorsi da fare. Mentre vecchi accattoni. Si lasciano esplodere. Nelle stazioni. Noi restiamo a guardare. Le nostre illusioni. Che come tappeti. Si sono arrotolate. E messe da parte. Buone soltanto. A prendere polvere. Ogni tanto le guardo. Provo un po’ di magone. Quando ho tempo magari. Ci passo lo straccio. Anzi, sai cosa faccio? Domani le butto. Così non ci penso. Penso proprio che adesso. Mangerò qualcosa. Dopo laverò i denti. E poi vado a dormire. Ché s'è già fatto tardi. Sarà tardi domani. Tardi il giorno seguente. E il mese successivo. Io però non ci penso. Ho tante cose da fare. Io continuo a danzare. In questo girotondo. Ogni tanto mi fermo. Solo per fare spazio. Ad un nuovo arrivato. Prego avanti, c’è posto. A chi esce dal giro. Non riservo commiato. Io son ballerino. Io mi muovo. Giro ‘n tondo. E mai un passo. Mai un passo fuori posto.

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