mercoledì 25 maggio 2011

somigliava ad una boa


Che facesse bello o brutto, Christian passava sempre il suo tempo al pontile.

Così si distraeva dal grigiore odierno che si trovava tutt'intorno:
guardando il mare cambiare colore, a secondo dei momenti del giorno.

Christian se ne stava lì, ad osservare i pescatori attraccare, passate le ultime ore di luce.

“Questo pontile non va”, diceva Christian tra sé.

“Prima o poi qualcuno ci cadrà dentro e andrà giù a fondo”.


E infatti ci cadde, il povero Christian, vittima del suo stesso infelice pronostico; un giorno come altri, per caso, mentre era lì a passeggiare, un pezzo di ferro si capovolse sotto il suo peso e il suo corpo paffuto cadde dritto nel mare.

Ma non restò a fondo, no.

Al contrario, per la sua sferica forma, risalì in superficie e per una buona mezz'ora è lì che rimase.

Christian invocava un aiuto a gran voce, vedendo le onde ingrossarsi, sopra e sotto di lui.

Solo che, causa il destino infausto o chicchessia, la sua felpa colorata lo faceva somigliare in tutto e per tutto ad una boa.

I pescatori, che arrivavano al solito orario per attraccare, ebbero l’impressione di udire qualcuno in mezzo al mare, ma si affrettarono comunque ad afferrare quella cosa colorata che somigliava ad una boa, assicurandola alla barca, con un rapido giro di prua.

A quel punto Christian non respirava più bene, con tutta quella corda a stringergli il collo.

In compenso, però, gli riusciva ancora di apprezzare le sfumature dell’acqua, che, calda e salata, gli riempiva il naso, le orecchie, la bocca.

All'ultimo gli parve di sentire la voce di sua madre che, come bollicine, pronunciava parole sempre più fievoli e lontane; gli parve addirittura di vederla, un attimo prima d'affogare, rivolgersi ai pescatori con fare gentile e domandare:

“Avete pesce da arrostire?”

domenica 22 maggio 2011

il mondo è dei sordomuti

20/05/2011
Mi giro e guardo.

Le donne, con il loro sguardo perso nel vuoto, a desiderare gravidanze indesiderate.
I bambini, che imparano a vantarsi fin da piccoli, con la loro spocchia duramente costruita; il pallone ben piazzato; la rete mancante; la testa troppo occupata a star dietro a questa folle corsa quotidiana, per ricordarsi d'essere bambini.
Le automobili, parcheggiate sempre negli stessi punti, quasi avessero il posto riservato, a vomitare personaggi che bofonchiano quattro parole sconnesse, sempre le stesse, fumano velocemente una sigaretta e poi vanno via.
La spiaggia, che aumenta di anno in anno, come a dire che tanto ci sarà sempre spazio, per tutti.

[Ricordando che, dopo tutto, tenere una specie di diario personale può essere importante, quantomeno per conoscersi].

E tutto questo, che non è più il mio mondo.

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